mercoledì 2 maggio 2012

Ennesimo film sul backstage di una sfilata Alexander McQueen. Ennesima emozione. Ma questa volta un punto di domanda mi si stampa in fronte...

Parliamo del film del backstage della collezione Alexander McQueen f/w 2012-13.



Prima o poi arriverà una sfilata di McQueen per cui farò spallucce e penserò: 'mmm, niente batticuore, niente respiro affannoso e sensazione di soffocamento, niente formicolio al naso.'

E' successo per Prada (ultima collezione autunno/inverno), vuoi non capiti per McQueen?

Ma ancora una volta tutti i sintomi dell'orgasmo da passerella si sono puntualmente presentati.


E quindi?


Di solito mettevo i post con i video di McQueen sotto l'etichetta Sine verbis, perchè non sentivo la necessità di aggiungere nulla a quello che veniva mostrato.




Ma ora ho qualcosa da dire.

Hic et nunc, mi sento di proporre ai miei 3/4 affezionati lettori una istanza che già era stata affrontata dalla (aggiungete aggettivi positivi a caso, tanto vanno bene tutti) blogger de La ScoMODAmente nel suo post Grandi case di moda, fra tradizione e stilisti emergenti. Ma perchè?.

In questo caso si parlava della forzata rianimazione di Vionnet da parte di Matteo Marzotto.

Ma poi apre il discorso.

Cito testualmente:

'Mi chiedo: perchè riportare in vita marchi i cui inventori sono morti o che loro per primi hanno deciso di "sospendere"? La persona che ha permesso che quel marchio fosse grande, rivoluzionario, forte non c'è più, allora perchè raccogliere un'eredità quando non le si può dare continuità per il semplice fatto che i successori non sono nella testa, nelle mani, nell'animo del creatore? [...] Mi vengono in mente couturier come Alexander McQueen, Giangranco Ferrè, Yves Saint Laurent (che pure vanta l'esperienza e la maestria di Stefano Pilati), di cui abbiamo apprezzato una moda di indiscutibile bellezza. Sono morti e ci si è affaccendati a trovare successori che fossero all'altezza. Nella mia semplicità dico che è inutile, non si può eternare qualcosa che muore se muore chi le ha dato vita. La si può ricordare, sì, ma solo questo.'


E alla fine si domanda (e mi domando): perché questi giovani stilisti non possono esistere con i loro nomi? 

Tanto più una come Sarah Burton, che sta ricevendo consensi unanimi, culminati con il premio 'Designer of the Year' al British Fashion Awards 2011. 



Ha la sua cifra stilistica, non c'è dubbio. 





L'unica critica (se così si può definire) universalmente sentita: è bravissima, ma non è Alexander McQueen.

Io lo troverei umiliante.

Perchè non liberarsi da questo fantasma? 

  

Ad meliora.
Denisetta